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Commemorazione dei Martiri del Poligono

Discorso del Vicesindaco Giuliana Cominetti

22 agosto 1944-22 agosto 2012.
 
Ancora una volta, cittadini, autorità, associazioni, reduci della lotta di Liberazione, ci ritroviamo nel cuore della calda estate lodigiana, uniti nel ricordo dei Martiri del Poligono.
 
E la condivisione di questo ricordo, che ci porta a incontrarci nuovamente per esprimere la nostra riconoscenza e tributare il nostro omaggio al sacrificio di chi mise in gioco la propria esistenza per rendere più libera quella di tutti, rende spontaneo innanzitutto un sincero ringraziamento.
 
Grazie per essere qui come persone, non come rappresentanti di istituzioni, enti ed associazioni; grazie per la partecipazione ad un momento che non è di ripetitiva commemorazione, ma di riflessione viva e attuale; grazie per il messaggio che lanciate con la vostra presenza, portando la testimonianza del valore immutabile che questa data riveste per la nostra comunità.
 
L'invito che rivolgo a tutti ed a me stessa è di continuare a impegnarci per non smarrire il significato di questo valore e continuare a viverlo ogni giorno in modo profondo e consapevole, perché il 22 agosto del 2012 sia davvero l'eredità morale e non la rituale celebrazione di un 22 agosto di 68 anni fa.
 
Oggi, allora, per noi che siamo qui, questo giorno è come quel giorno.
 
 
Il giorno in cui il sogno di libertà e democrazia di cinque giovani lodigiani si è scontrato con la ferocia di una repressione violenta, con l'arbitrio di una pena estrema, imposta al di là di ogni regola ed eseguita senza concedere nulla alla pietà ed alla dignità.
 
Torture e sevizie furono il viatico alla fucilazione dei Martiri del Poligono; solitudine e mancanza di qualsiasi conforto, morale o religioso, li accompagnarono alla morte; accanimento e cieco livore, invece che rispetto per il lutto, protrassero le sofferenze dei famigliari e insultarono i sentimenti di un'intera città, consentendo solo a distanza di giorni il recupero delle salme e la sepoltura.
 
Come molte altre parti del Paese, anche Lodi ed il Lodigiano hanno pagato un drammatico tributo alla lotta di liberazione dall'oppressione fascista e dall'occupazione nazista, con decine di vite umane sacrificate nella lotta armata ed altre finite vittime degli orrori dei campi di prigionia e concentramento; tra queste ultime, ricordiamo anche quella di Ettore Archinti, ultimo sindaco della città democraticamente eletto prima dell'oscuro ventennio fascista, che morì a Flossemburg nel novembre di quello stesso 1944.
 
Ma il martirio di Oreste Garati, Ludovico Guarnieri, Ettore Maddé, Franco Moretti e Giancarlo Sabbioni fu un episodio che lasciò, e noi oggi affermiamo
 
che lascia tuttora, un segno profondo ed indelebile, diventando emblematico e drammaticamente esemplare, come in precedenza fu quello dell'eccidio della cascina Cagnola a Galgagnano ed in seguito quello del 31 dicembre del 1944, quando al poligono di tiro vennero fucilati i patrioti Pietro Biancardi, Antonio d'Arco, Rosolino Ferrari, Giuseppe Frigoli, Paolo Sigi e Ferdinando Zaninelli.
 
Nei terribili 20 mesi tra il settembre 1943 e l'aprile 1945 che segnarono l'Italia di sofferenze, violenza e privazioni per scacciare lo straniero occupante e sconfiggere definitivamente la dittatura fascista, episodi come questi portarono anche nella nostra realtà, nelle nostre case, tra le nostre famiglie, il segno dell'assurdità, della cattiveria spropositata, della mancanza di una misura irrinunciabile di umanità.
 
L'eccidio dei Martiri del Poligono dimostrò con una chiarezza senza precedenti per la nostra comunità quale fosse il livello di ferocia a cui era disposta a spingersi una minoranza che continuava ad opporsi strenuamente all'affermazione della libertà e della democrazia, cercando ad ogni costo di imporre il suo potere e la sua dottrina di sopraffazione.
 
Quell'episodio, che ancora oggi tocca in modo così diretto i nostri sentimenti e sollecita la nostra coscienza civica, fa parte a pieno titolo della storia di quello che è stato il più grande dramma umano dell'età moderna.
 
Un dramma che in poco più di cinque anni ha travolto società e istituzioni, ha distrutto ideali, ha annientato e sconvolto la vita di milioni di persone.
 
L'atmosfera tragica della guerra di aggressione nazi-fascista è la stessa atmosfera in cui si consumò l'eccidio dei Martiri del Poligono.
 
E' una dimensione che vista a distanza di così tanti anni può sembrare appartenere ad un incubo ormai lontano e dissolto.
 
Ma non è così, e noi tutti dobbiamo fare in modo che non sia così.
 
Quella tragedia non è nata dal nulla e non è sparita nel nulla.
 
È nata dalla pretesa di imporre agli uomini e alle società un ordine totalitario e privo di ogni libertà, individuale e collettiva, e si è risolta in un cumulo di macerie materiali e morali, dalle quali però sono fioriti nuovi ideali: quelli per i quali si immolarono i Martiri del Poligono ed i tanti che fecero la loro stessa scelta, quelli che ancora oggi ispirano il nostro modello di convivenza, basato sul rispetto della dignità di ogni persona, della sua unicità, del suo diritto a partecipare e del suo dovere alla solidarietà.
 
E' per questo motivo che la storia di quelle grandi tragedie che sono stati i regimi dittatoriali nazi-fascisti e la seconda guerra mondiale non può essere
 
disgiunta dalla storia delle Resistenza a questi orrori.
 
E' per questo motivo che la rievocazione di quegli eventi e degli uomini e delle donne che ne furono protagonisti non è solo una testimonianza del passato, ma soprattutto una spiegazione del presente, che ci ricorda da dove veniamo, ci fa capire cosa siamo diventati grazie a quei sacrifici e ci indica la strada per un futuro ancora più ricco di libertà e democrazia.
 
La ricerca storica sulla Resistenza continua a far emergere anche in tempi recenti posizioni diverse e spesso contrastanti, con una tendenza ad interpretare i fenomeni e gli eventi in base alle proprie ideologie.
 
Ma se è vero che ogni fatto storico deve essere visto e considerato da diverse angolazioni perché diventi qualcosa di vitale e di significativo, su un punto non sono ammissibili distinzioni e relativismi: la Resistenza è stata una lotta patriottica per la liberazione del Paese da un oppressore straniero e da un regime interno impadronitosi del potere con mezzi violenti e antidemocratici.
 
Fu questo il comune denominatore di un movimento che fu senz'altro ed inevitabilmente segnato anche da divergenze di opinioni delle varie formazioni partigiane, dovute alle diverse estrazioni politiche, ma che seppe trovare una sintesi in un obiettivo condiviso, perché quali che siano i mezzi impiegati, il metodo di lotta e l'orizzonte sociale e politico perseguito, quando
 
un popolo insorge per resistere all'oppressione non fa altro che esprimere il suo inalienabile diritto alla libertà.
 
Questo avevano chiaro nella mente e nel cuore i Martiri del Poligono e fu la forza di queste convinzioni a portarli a rischiare le loro vite, perché senza la libertà le loro vite avrebbero perso il loro più grande valore.
 
Ricordiamoci del prezzo pagato per questo valore, che oggi la nostra società non mette più in discussione, e apprezziamolo ogni giorno, perché ogni giorno sia un'affermazione del significato del 22 agosto.
 
Onore ai Martiri del Poligono ed ai caduti della Resistenza!
 
Viva l'Italia libera e democratica!