Camminando per la città a chiunque può sorgere la curiosità di conoscere i personaggi lodigiani cui sono dedicate parecchie vie di Lodi.
Per venire incontro, almeno in parte, a questo interesse, proponiamo un elenco delle più note personalità che hanno dato lustro nei secoli, con la loro vita e le loro opere, alla nostra terra.
Ottone è il puntuale cronista della fine di Laus, della fondazione e dei primi anni di vita della "nuova Lodi".
Il padre ed il figlio Acerbo hanno scritto in latino degli eventi del XII secolo, da un punto di vista lombardo, in una storia di Lodi, De rebus Laudensibus ("Per quanto riguarda Lodi"), iniziata da Ottone stesso.
Acerbo morì nello scoppio di peste conseguente ai disordini avvenuti quando l'esercito di Federico Barbarossa prese possesso di Roma nel luglio 1167. La cronaca comprende numerosi ritratti verbali dei contemporanei, tra cui Federico Barbarossa.
La loro cronaca ha trovato poi un continuatore anonimo il cui lavoro è generalmente unito al loro.
Nacque a Lodi, 1407. Umanista, poeta in latino e pedagogista insigne.
Tra il 1421 e il 1423 Vegio intraprende gli studi di giurisprudenza presso lo Studium di Pavia ed entra in contatto con i protagonisti dell'Umanesimo di primo Quattrocento.
Al seguito della Curia romana, l'umanista lodigiano assiste agli eventi del Concilio di Firenze (1439) e, conseguiti i favori del pontefice, inizia il suo cursus honorum curiale: abbreviatore apostolico e datario (1441), dal 1443 egli ottiene il canonicato presso la basilica di S. Pietro in Vaticano.
Alla sua morte, nel 1458, fu sepolto presso la chiesa di S. Agostino a Roma.
Nacque a Lodi il 14 gennaio 1451. Musico e teorico della musica, nella sua vita ricopriì la carica di maestro alla corte di Ludovico il Moro.
Avviato sin dall'infanzia alla carriera ecclesiastica, Gaffurio crebbe nel convento benedettino di San Pietro, nella Lodi del vescovo umanista Carlo Pallavicino, ed in breve tempo dimostrò spiccate attitudini per la musica.
Insegnò armonia prima a Mantova, poi a Verona e Genova, per giungere infine a Napoli dove conobbe il compositore fiammingo Johannes Tinctoris.
A Napoli diede alle stampe la sua prima pubblicazione di rilievo, il Theoricum opus musicae disciplinae (1480).
Ritornato a Lodi, iniziò a scrivere il trattato Practica musicae, opera destinata ad esercitare un influenza nei cambiamenti che il canto polifonico ebbe in epoca rinascimentale.
Il 22 gennaio 1484 Gaffurio fu nominato magister della Cappella Musicale del Duomo di Milano, dove rimase per quasi quarant'anni, fino alla morte, dando prova di «bona prudentia ac solicitudo».
Da magister non si limitò a insegnare canto polifonico, ma apportò anche alcune riforme al coro, imponendo una severa disciplina e soprattutto riorganizzando la schola puerorum con un'attenta selezione dei piccoli cantori e affiancando alla preparazione musicale anche l'educazione grammaticale.
Gaffurio è considerato il vero fondatore del coro del Duomo, di cui accrebbe considerevolmente il repertorio, la disciplina ed il prestigio.
A riconoscimento dei suoi meriti nel 1492, Ludovico il Moro lo chiamò a corte con l'incarico di primo cantore.
Morì a Milano il 24 giugno 1522.
Nacque a Basiasco il 1 settembre 1477.
Dapprima soldato di ventura, poi cavaliere, infine nominato "capitano di bandiera" tra il 1499 e il 1525.
Fu tra i protagonisti della famosa disfida di Barletta, che il 13 febbraio 1503 vide tredici guerrieri italiani confrontarsi con altrettanti francesi: rimasto appiedato durante lo scontro, lottò a piedi uccidendo le cavalcature dei giostratori francesi. Al termine dello scontro, venne armato cavaliere dal potestà spagnolo Consalvo di Cordoba.
Fanfulla è considerato uno dei simboli della Città di Lodi e del suo territorio, tant'è vero che molte società sportive lodigiane si ispirano alla sua figura: tra le più titolate si ricordano l'A.S.Ginnastica e Scherma Fanfulla 1874, l'Atletica Fanfulla e l'Associazione Calcio Fanfulla 1874. Inoltre, devono il proprio nome a Fanfulla gli Amaretti Fanfullini, prodotto tipico di Lodi. Quasi certamente trovò la morte nella battaglia di Pavia il 24 febbraio 1525.
I Piazza (Martino, Alberto, Callisto - il più noto -, Scipione, Cesare, Fulvio) sono una singolare dinastia di pittori del cinquecento.
Callisto lavora a Brescia dal 1523; l'8 dicembre di quell'anno è infatti segnato come testimone in un atto rogato nel convento di San Domenico.
Le sue prime opere datate e firmate sono dell'anno successivo e hanno caratteri già pienamente bresciani, ma il bagaglio culturale che dimostra in queste prime opere comprende anche la conoscenza dell'arte ferrarese e un interesse per il rigore compositivo di Giovanni Agostino da Lodi. Si sposta poi a Milano, dove affresca una sala del Castello Sforzesco; realizza poi varie opere a Novara, all'Abbazia di Chiaravalle e in altre zone della regione.
Torna a Lodi nel 1551, dove muore 10 anni dopo.
Nacque a Lodi il 19 febbraio 1634, nei pressi della parrocchia di San Lorenzo.
Fu un librettista italiano, poeta arcade, autore di una delle più belle commedie del teatro dialettale italiano, La sposa Francesca, commedia in idioma lodigiano che è sicuramente uno dei testi più importanti della nostra letteratura dialettale.
Proveniente da una famiglia aristocratica, studiò filosofia e teologia dai Barnabiti, seguì legge all'Università di Bologna e di Pavia, dove si laureò nel 1655.
Fu successivamente impiegato nell'allora amministrazione spagnola, dapprima come pubblico oratore a Milano e poi come decurione a Lodi, nonché Oratore presso il Senato di Milano.
Ma la politica non era fatta per un uomo che amava dedicarsi a quegli "ozi" letterari che furono il suo impegno per il resto della vita.
Scrisse in particolare versi amorosi ispirandosi alla mitologia classica, compose anche Sonetti, Madrigali e, dall'inizio degli anni '70, iniziò a dedicarsi ai temi religiosi che entrarono prepotentemente nei suoi versi.
Nel 1661 soggiornò a Roma, dove frequentò spesso il circolo di Cristina di Svezia. Fu qui a Roma che iniziò la sua attività librettistica. Nel 1691 entrò con il nome di Arezio Gateatico nell'Accademia dell'Arcadia.
De Lemene risente dell'influenza del poeta Giambattista Marino e del commediografo Carlo Maria Maggi: i suoi testi infatti tendono ad avere un carattere eroico-comico.
Mori a Lodi il 24 luglio 1704.
Nacque il 25 settembre 1773 a Mairago. Scienziato, precursore e pioniere della moderna microbiologia.
Nonostante la sua particolare passione per la biologia, il padre non volle fargli seguire studi in tal senso, desiderando che si occupasse della proprietà di famiglia diventando un funzionario dell'impero asburgico.
Assecondando la volontà paterna, Agostino si iscrisse a giurisprudenza all'Università di Pavia,come alunno del Collegio Ghislieri, dove però affianco agli studi giuridici potè seguire i corsi di fisica, chimica e medicina tenuti da docenti com Volta, Rasori e Spallanzani.
Nel 1802 venne chiamato a far parte della delegazione del Dipartimento dell'Adda ai comizi di Lione nei quali fu approvata la trasformazione della Repubblica Cisalpina in Repubblica Italiana.
Bassi nel 1807 iniziò le sue ricerche sul calcino, malattia che colpiva i bachi da seta all'epoca fondamentali per l'economia lombarda. Lo scienziato lodigiano riuscì a ricondurre la causa della malattia ad un parassita microscopico e partendo da questa scoperta teorizzò che le patologie contagiose animali e vegetali fossero causate da parassiti, come spiegò nel suo scritto dal titolo Del contagio in generale (1844) in cui precorrendo la teoria del contagio, dimostrò che l'agente eziologico del calcino è un fungo microscopico.
Le teorie del Bassi vennero riprese e sviluppate da Louis Pasteur e per l'importanza dei suoi studi la Francia gli riconobbe il titolo di Cavaliere della Legion d'Onore nel 1840.
La sua tomba si trova nella chiesa romanica di San Francesco, in Piazza Ospitale a Lodi.
A lui è intitolato l'Istituto Tecnico Economico di via Porta Regale a Lodi.
Morì a Lodi l'8 febbraio del 1856.
Nacque a Pavia, il 28 gennaio 1813.
Matematico, scienziato, è noto soprattutto come preparatore di cadaveri e parti anatomiche secondo un procedimento segreto da lui stesso inventato e sperimentato,
Gorini terminò i propri studi ottenendo la laurea dottorale in Matematica presso il Collegio Ghislieri di Pavia. Arrivò nella città di Lodi nel 1834 come professore di Fisica, pronto ad assumere la cattedra di Fisica e Scienze Naturali.
Nel 1842, Gorini mise a punto alcune formule che gli avrebbero permesso di ottenere dei composti chimici preservanti.
Le sue scoperte sulla conservazione delle sostanze organiche furono apprezzate in Italia e all'estero in un momento storico in cui la medicina e la scienza in genere progredirono molto, grazie all'impulso e alla portata culturale del Positivismo. Gorini si sarebbe
particolarmente interessato di quel metodo di conservazione meglio noto come "pietrificazione".
Rientrato a Lodi, proseguì i propri studi scientifici dedicandosi in special modo alla vulcanologia, alla geologia e alla conservazione organica secondo un procedimento di sua invenzione custodito gelosamente sotto segreto.
Nel 1876 perfezionò il progetto del forno crematorio detto Crematorio lodigiano o goriniano che venne realizzato nel 1877 a Lodi, nel cimitero della frazione Riolo, e successivamente nel cimitero di Milano e in quello di Londra.
Sempre a Lodi, in Piazza Ospitale, è stato eretto a memoria dello scienziato il monumento che si può vedere nella foto a fianco. Ogni anno la Società di Cremazione di Lodi e il Centro di Documentazione "Paolo Gorini" ricordano con una cerimonia pubblica la figura di questo patriota e ricercatore.
Muore a Lodi, 2 febbraio 1881.
Giuseppina Strepponi all'anagrafe Clelia Maria Josepha Strepponi nacque a Lodi, l'8 settembre 1815.
Famosa soprano, compagna, moglie, ispiratrice di Giuseppe Verdi nonché sua grande amica, confidente e consigliera avendone curato per molto tempo gli affari. I suoi carteggi sono tra i documenti più importanti per ricostruire la biografia verdiana.
Figlia di una famiglia di musicisti, dopo la morte del padre nel 1832 studiò canto come soprano e pianoforte al Conservatorio di Milano ove sul finire dell'anno 1834 ottenne il primo premio per il bel canto.
Ottenne il primo trionfo al Teatro Grande di Trieste nel 1835 in Matilde di Shabran di Gioachino Rossini. Nell'occasione si fece notare dall'impresario Bartolomeo Merelli, che la
favorì nella sua crescita di talento procurandole numerosi ingaggi in Italia.
Nel 1839 fece il proprio debutto al teatro La Scala di Milano rimpiazzando Antonietta Marini-Rainieri che si trovava ad essere ammalata proprio alla prima della rappresentazione dell'Oberto di Giuseppe Verdi.
Attorno al 1844, la Strepponi iniziò ad avere significativi problemi vocali disagi che culminarono in una disastrosa stagione musicale a Palermo nel 1845 ove venne più volte fischiata.
La sua voce non si riprese mai più ed iniziò ad apparire sporadicamente in alcune opere sino al suo definitivo ritiro dalle scene nel febbraio del 1846
Durante l'estate del 1847 Giuseppe Verdi e Giuseppina Strapponi iniziarono a Parigi una relazione romantica fianco a fianco, divenendo inseparabili. Verdi sarà il partner della Strepponi per il resto della sua vita, anche se i due non furono marito e moglie sino al 1859.
Giuseppina Strepponi morì il 14 Novembre 1897 dopo una lunga malattia nella tenuta di Sant'Agata, vicino a Busseto, a causa di una polmonite.
Nacque e morì a Lodi.
Non ancora diciottenne partecipò ai moti del '48 arruolandosi nel "Battaglione Studenti". Oppositore degli austriaci, finanziò l'impresa dei mille e organizzò una spedizione in Sicilia di 234 volontari in camicia rossa.
Nel 1860 fondò la Società Generale di Mutuo Soccorso degli Operai, con l'intento di essere di supporto ai ceti più deboli, con iniziative cooperative e mutualistiche .
Nel 1866 durante la terza guerra di indipendenza si arruolò volontario nel Corpo Volontari Italiani di Giuseppe Garibaldi e fu incorporato nel 2º Battaglione bersaglieri milanesi, con i quali partecipò alla battaglia di Ponte Caffaro e alle operazioni in Valtellina.
Ma è per un'attività iniziata due anni prima che Zalli viene tuttora ricordato. Era infatti il 1864 quando, guidato dagli insegnamenti dell'amico fraterno Luigi Luzzatti e dal grande
interesse verso il credito mutualistico, fonda la Banca Mutua Popolare Agricola di Lodi, la prima banca popolare italiana.Fu promotore di iniziative sociali di avanguardia.
Nel 1874 costituì la Società Lodigiana di Ginnastica e Scherma e ne diventò il primo presidente. Fu una delle prime società sportive in Italia ed ebbe la sua sede in una palestra che il Comune aveva ricavato da una chiesa sconsacrata la società sportiva prenderà il nome di "Fanfulla.
Nacque a Milano, l'11 novembre 1836.
Iniziò a lavorare con il padre come venditore ambulante di abiti usati a Lodi, crea i primi grandi magazzini italiani ("Alle città d'Italia", poi "La Rinascente").
Iniziò a lavorare come venditore di stoffe e vesti usati a Lodi, nel 1865 aprì, insieme al fratello Luigi, un piccolo negozio in Via Santa Radegonda a Milano, i Magazzini Fratelli Bocconi, primo emporio italiano di abiti confezionati maschili.il negozio si trasforma nel primo grande magazzino italiano per la vendita di stoffe, abbigliamento ed arredi (1877), e apre filiali in varie città italiane. Il centro commerciale si chiama "Aux villes d'Italie" con sede in via Tommaso Grossi a Milano, poi ribattezzato "Alle città d'Italia". Verso il 1880 i grandi magazzini iniziano ad avvalersi anche della vendita per corrispondenza, attraverso cataloghi stagionali (gli "Album delle Novità)
Quando, nel 1896, il figlio Luigi scompare tra i dispersi della battaglia di Abba Garima (nei
pressi di Adua), fonda in sua memoria l'Università Commerciale Luigi Bocconi (1902).
Nel 1906 è nominato senatore; due anni dopo, l'imprenditore si spegne a Milano il 5 febbraio 1908.
Patriota a fianco di Garibaldi, ingegnere ed educatore in vari Licei d'Italia, scienziato e pubblico amministratore: a lui è intestato il Liceo Scientifico di Lodi.
Terzo di sei fratelli si arruolò a soli 17 anni fra le file dei volontari garibaldini ed al termine delle operazioni militari iniziò a studiare ingegneria civile a Milano. Terminati gli studi, nel 1866 tornò nuovamente sotto il comando di Garibaldi per combattere contro l'Impero Austro-Ungarico ottenendo una medaglia di bronzo al valor militare a seuito della battaglia di Monte Suello avvenuta il 3 luglio 1866.
Finite le guerre risorgimentali, Gandini insegnò in vari licei italiani ricevendo diversi attestati di stima e terminando il suo impegno di educatore come preside del Liceo di Lodi.
La stima guadagnata fra i suoi concittadini portò Gandini ad essere nominato prima Assessore alla Pubblica Istruzione e poi ai Lavori Pubblici. Da Assessore si impegnò nello sviluppo dell'illuminazione elettrica e nella creazione di posti di lavoro per i giovani ingegneri.
Oltre che pedagogo e uomo d'azione Gandini fu anche inventore, brevettò infatti un nuovo tipo di accumulatore elettrico che negli ultimi decenni del XIX secolo venne ampiamente applicato nell'illuminazione e nei trasporti.
Nacque a Sant'Angelo Lodigiano, 15 luglio 1850.
Santa, patrona degli emigranti, straordinaria "manager" di Dio, promosse nelle Americhe una formidabile serie di opere assistenziali ed educative.
Diplomata maestra elementare nel 1874 prese i voti e nel 1880 fondò a Codogno la congregazione delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù. Nel 1889 raggiunse gli Stati Uniti per prestare assistenza agli immigrati italiani.
Non si fermò solo alla costa, ma penetrò all'interno del continente, conoscendo, benedicendo e convertendo tribù alle quali nessun bianco si era mai accostato. Operò in altri 7 paesi con 80 istituti costruendo asili, scuole, convitti per studentesse, orfanotrofi, case di riposo per laiche e religiose, ospedali a New York e Chicago. Nel 1909 ottenne la cittadinanza americana.
La Compagnia femminile fondata dalla Cabrini, la congregazione cattolica delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù, fu la prima sia ad affrontare l'impegno missionario sia ad essere totalmente autonoma.
Le Missionarie del Sacro Cuore di Gesù fornivano agli immigrati corsi di lingua, assistenza burocratica, corrispondenza con le famiglie di origine, raggiungendo anche i più emarginati. Madre Cabrini grazie la sua attività divenne così custode, protettrice e Madre di migliaia di emigranti italiani.
Morì a Chicago (USA) il 22 dicembre 1917.
Nel 1938 fu proclamata beata il 13 novembre 1938, dichiarata Santa il 7 luglio 1946 (la prima della Chiesa cattolica americana), nel 1950 "Patrona degli emigranti". La festa liturgica ricorre il 22 dicembre, giorno della sua morte.
L'8 settembre 1950 venne proclamata da Pio XII Patrona Universale degli Emigranti,due anni dopo, in considerazione del suo lavoro per gli Italo-americani, il Comitato Americano per l'Emigrazione Italiana la dichiarò "La Immigrata Italiana del Secolo".
Mori a Chicago, il 22 dicembre 1917.
Nacque a Lodi, il 3 febbraio 1870.
Poetessa e scrittrice, è una delle più alte voci femminili della nostra letteratura.
Divenne orfana a solo un anno di vita e fu grazie ai sacrifici della madre e dello zio che Ada poté frequentare la Scuola Normale femminile di Lodi, ottenendo il diploma di insegnante elementare. Il suo primo impiego fu al Collegio Femminile di Codogno, nel 1887.
La vera esperienza d'insegnamento che influenzò la sua produzione artistica iniziò nel 1888, nella scuola elementare di Motta Visconti paesotto in provincia di Milano. In questo periodo vennero pubblicate le sue prime poesie sul giornale lombardo il Fanfulla di Lodi.
Nel 1892 esce la sua prima raccolta poetica: Fatalità. Il libro fu un successo, portando Ada ad acquistare grande fama, a tal punto che, su decreto del ministro Zanardelli, le fu conferito il titolo di docente per chiara fama presso l'Istituto superiore "G.Agnesi" di Milano.
Nel 1913, Ada si trasferì a Zurigo, dove rimase fino all'inizio della Prima guerra mondiale.
Nel 1917 esce Orazioni, raccolta di odi alla patria: gli anni della guerra avevano trasformato la passione civile in patriottismo, accompagnato all'avvicinamento alle posizioni mussoliniane.
Nel 1931 fu insignita del Premio Mussolini per la carriera. Il premio consacrò Ada Negri come intellettuale di regime,a cui non rinnegò mai la sua adesione. Nel 1940 divenne la prima donna a essere ammessa tra gli accademici d'Italia.
Si spense nella notte dell'11 gennaio 1945 e fu sepolta nel famedio di Milano. Il 3 aprile 1976 la sua salma venne traslata nell'antica Chiesa di San Francesco a Lodi.
Archinti nacque a Lodi il 30 novembre 1878 in una famiglia della piccola borghesia. La famiglia si trasferì per alcuni anni a Milano, dove Ettore frequentò la sezione di scultura dell'Accademia di Brera e trasse ispirazione dalle opere e dalla frequentazione degli studi di Ernesto Bazzaro e Eugenio Pellini. Ritornato a Lodi, intraprese viaggi di conoscenza e di studio in diversi Paesi Europei, dalla Francia, all'Inghilterra, alla Scandinavia, alla Russia. Militante socialista, fece parte anche della Commissione esecutiva della Camera del lavoro di Lodi. Come scultore fece una grande esposizione delle sue opere nel 1911 a Lodi, in palazzo Barni.
Nel 1914 vinse a Milano il Premio Tantardini nel 1914. Nel 1915 non rispose alla chiamata alle armi: fuincarcerato, ma subì una lieve condanna, essendo stato riconosciuto che la sua scelta era ispirata da ideali. Prestò poi servizio militare, senza essere impiegato in zona di guerra. Nel dopoguerra si gettò nella militanza politica, divenendo sindaco di Lodi nel novembre 1920. Come sindaco favorì il proletariato lodigiano; fu costretto alle dimissioni nel giugno 1922. I fascisti lo aggredirono a più riprese e nel 1925 subì anche un attentato da parte di un milite della MVSN. Durante il regime fascista si appartò da ruoli pubblici e si dedicò intensamente alla sua attività di scultore dalla quale traeva i mezzi di sussistenza. Dopo il 25 luglio 1943 entrò a far parte del Comitato di concentrazione antifascista. Sotto l'occupazione tedesca soccorse soldati sbandati e aiutò la fuga di ex prigionieri anglo-americani. Fu catturato con il giovane Edoardo Meazzi il 21 febbraio 1944 mentre si recava a casa di Luigia Mazzini Folli a prelevare tre inglesi per condurli verso la Svizzera. Rinchiuso nelle carceri di Lodi, non fu trovata la prova del suo coinvolgimento nell'azione resistenziale, per cui fu liberato in aprile. Pur consapevole di essere sospettato di attività sovversiva, riprese l'attività clandestina. Fu nuovamente arrestato all'alba del 21 giugno dalla polizia politica. Fu condotto nel carcere milanese di S. Vittore. Il 17 agosto fu trasferito al campo di smistamento di Bolzano, da dove ai primi di settembre partì per il lager di Flossenbürg, in alta Baviera. Dopo la quarantena, al momento della selezione per il lavoro Archinti fu ritenuto inadatto al lavoro, più per l'età (66 anni) che per le sue condizioni fisiche: fu quindi rinchiuso nel convalescenziario, anticamera dell'eliminazione. Morì il 17 novembre 1944.