Home  /  Cultura, Sport e Turismo- Tutte le notizie / Giornata della Memoria 2024 - Posa delle pietre di inciampo

LE INIZIATIVE


 

Posa delle pietre di inciampo alla memoria di Luigi Vincenzo Marzagalli e Luigi Giulio Marzagalli

SABATO 27 GENNAIO
ORE 10.00 - PIAZZA OSPITALE
ORE 10.30 - VIA OTTONE MORENA 

In occasione della ricorrenza internazionale del Giorno della Memoria, verranno poste e svelate le pietre d’inciampo dedicate a due lodigiani deportati nei lager nazisti: Luigi Vincenzo Marzagalli, detto “Barba”, deportato prima a Flossenbürg e successivamente a Lengenfeld, dove morì il 23 marzo 1945 e Luigi Giulio Marzagalli, detto “Gino”, deportato a Mauthausen, dove morì il 22 aprile 1945. Agli indirizzi di saluto delle Autorità, seguiranno gli interventi dello storico Ercole Ongaro, di alcuni studenti dell'Istituto A. Bassi. 

Luigi Vincenzo Marzagalli faceva lo straccivendolo, era sposato e aveva due figlie; era nato a Lodi, il 12 luglio 1899, fu arrestato il 5 marzo 1943, accusato di propaganda antifascista e disfattista, e il prefetto di Milano, Oscar Uccelli, relazionò così al Ministero dell'Interno: «Il Marzagalli non si è mai fatto sfuggire l'occasione per denigrare in pubblico l'operato del Regime, da lui definito “usurpatore del potere e incapace del compito assuntosi”, e di commentare sfavorevolmente il corso della guerra durante la quale noi faremmo, a suo dire, “un passo avanti e dieci indietro”».
Nel giugno 1944 rimase seriamente ferito in uno scontro di piazza, colpito da un militante fascista, e fu ricoverato in ospedale, dal quale, dopo le prime cure, venne prelevato per essere rinchiuso nel carcere milanese di San Vittore. Successivamente, a metà agosto, fu internato a Bolzano, con numero di matricola 3.144, e il mese dopo deportato a Flossenbürg, il 7 settembre, fino al trasferimento a Legenfeld, nell'ottobre del 1944, dove la sua vita cessò, il 24 marzo del 1945.

In una sua lettera, datata 28 agosto 1944 e spedita dal lager di Bolzano, scriveva: «Dopo cinquantadue giorni di detenzione nel duro carcere di San Vittore, ove passai giorni e notti nelle pene e nel terrore della morte, eccomi giunta una nuova via: la via dell'esilio. […] Mi trovo in compagnia di Archinti e nel reparto femmine della Folli (lodigiana arrestata per aver dato aiuto a ex prigionieri alleati e deportata nel lager femminile di Ravensbrück)». (Mimmo Franzinelli, “Ultime lettere di condannati a morte e dei deportati della Resistenza”, le Scie, Mondadori).

 

Luigi Giulio Marzagalli nasce anch'egli a Lodi, il 20 ottobre 1901, figlio di Bassano e Adele Marni. Sposato con Serena Fenocchi, esercitava il mestiere di fabbro, e dopo la caduta di Mussolini, su invito di Eligio Mariconti, antifascista, partecipò a incontri informali per progettare il futuro del Paese dopo la fine della guerra (auspicata come imminente), insieme con i tre fratelli Silvio (detto “Quarto”), Enrico e Ermes Andreoli, a cui si aggiunse don Davide Perniceni, allora curato della parrocchia di San Bernardo.

Il collegamento tra gli antifascisti era opera di Gianfranco, il 17enne figlio di Eligio: “Gino” collaborò nel portare aiuto a ex prigionieri alleati, a inviare in montagna i primi giovani partigiani, a raccogliere armi. Venne arrestato all'inizio del novembre 1943 nel corso di una fra le prime retate di resistenti, con lui c'erano Giovanni Mirotti, di Casalpusterlengo, e il lodigiano Silvio “Quarto” Andreoli di Lodi, e fu trasferito a San Vittore, dove, nella sua stessa cella, dopo qualche giorno, venne rinchiuso l'agricoltore lodigiano Achille “Panti” Boselli, arrestato unitamente a Carlo Codazzi e don Davide Perniceni per l'aiuto fornito a militari alleati già prigionieri: il curato aveva coordinato il passaggio in Svizzera di alcune centinaia di persone.

Andreoli, Marzagalli e Mirotti vennero, poi, deportati a Mauthausen: soltanto il primo di loro farà ritorno a casa e in quel luogo terribile di prigionia straziante Luigi “Gino” Marzagalli morì il 22 aprile del 1945.

Scriveva in una sua lettera del dicembre 1943: «Ho scritto a te che hai provato quest'inferno, sempre con nella testa quel stillicidio di quel che sarà domani, che tu stesso ai provato. […]. Marzagalli non sarà mai in vigliacco e non tradirà mai nessuno». (Ercole Ongaro, “Guerra e resistenza nel Lodigiano 1940 - 1945, Il Papiro editrice).



La città di Lodi si arricchisce, dunque, di altri due piccoli segni, grandi per la forza della Memoria,
nella volontà di costruire i suoi necessari anticorpi per la definizione di un'autentica democrazia
e per ricordare a chiunque passi davanti a questi segni che sono le pietre d'inciampo quanto è costata la costruzione di due beni di valore immenso: Democrazia e Libertà.

* figlio di Gianfranco (partigiano e deportato politico a Flossenbürg con matricola 43699) e nipote di Eligio, antifascista e resistente.


 

Itinerario in memoria di deportati lodigiani

Un itinerario interattivo nella città di Lodi, da percorrere a piedi il 27 Gennaio e in ogni giorno dell’anno, per riscoprire i volti e le storie di lodigiani e non solo – dieci uomini e due donne – che negli anni 1944-1945 hanno conosciuto l’arresto e la deportazione nei campi di internamento o sterminio, perché antifascisti, resistenti, militari o appartenenti alla cosiddetta ‘razza’ ebraica. Donne e uomini che hanno camminato per le vie di Lodi, che vi hanno abitato e vissuta parte della propria vita, e che talvolta, non vi hanno fatto ritorno.

 

Luigi Vincenzo Marzagalli “Barba” Gian Paolo De Paoli Giuseppe Meazzi Edoardo Meazzi
Ettore Archinti Mario D’Angelo Luigia Mazzini Folli Luigi Giulio Marzagalli “Gino”
Gianfranco Mariconti Giuseppe Moretti Giovanni Mirotti Estrea Hazan

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Ultima Modifica: 26/01/2024