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Residui di farmaci nell'acqua potabile

 
PRESENZA DI RESIDUI DI FARMACI NELL'ACQUA POTABILE: INVEROSIMILE QUALSIASI RISCHIO DI CONSEGUENZE PER LA POPOLAZIONE, MA IL SINDACO CHIEDE IN OGNI CASO UN INCONTRO CON ASL, ARPA E ASTEM

La presenza di residui di farmaci rilevata in campioni di acqua potabile prelevati nella rete idrica di Lodi nell'ambito di un progetto scientifico svolto quasi 10 anni fa non attesta alcun rischio per la popolazione.
A fornire questa rassicurazione è il professor Ettore Zuccato, dell'Istituto di Ricerche Farmacologiche "Mario Negri", responsabile scientifico del progetto pilota "Farmaci ad uso umano come inquinanti ambientali", realizzato nel 2000 in collaborazione con l'Università dell'Insubria e la Fondazione Lombardia per l'Ambiente.
A seguito della pubblicazione odierna sulla stampa locale dei risultati di questo studio, il sindaco Lorenzo Guerini ha contattato il professor Zuccato, per ottenere ulteriori informazioni. "Avevamo acquisito e valutato il rapporto finale del progetto fin da ieri, una volta appreso dell'interessamento da parte della stampa - spiega Guerini - e fin da un primo esame era parso chiaro che la presenza nell'acqua di basse concentrazioni di residui di alcuni prodotti farmaceutici non costituiva un fattore di preoccupazione, ma per maggior precauzione e giusto scrupolo ci è parso opportuno confrontarci direttamente con gli autori della ricerca, ottenendo ampie rassicurazioni, a conferma della prima impressione".
"In primo luogo - osserva il professor Zuccato - riportare oggi, a quasi 10 anni di distanza, quei risultati non ha molto significato, perché allora non sapevamo quali fossero le origini della presenza di queste sostanze nell'acqua potabile e oggi non sappiamo se la situazione è rimasta uguale o se, come è possibile, si sia anche profondamente modificata. Inoltre, non esistono limiti di legge, e nemmeno parametri di prassi medico-scientifica, per stabilire quali siano i livelli di concentrazione nell'acqua di queste sostanze al di là dei quali si potrebbe configurare un ipotetico rischio. Nel rapporto finale della ricerca si opera un raffronto tra le concentrazioni rilevate e i "limiti di sensibilità analitica", vale a dire le soglie di concentrazione al di sotto delle quali non si riesce neppure a rilevare la presenza delle varie sostanze oggetto delle analisi, che sono una cosa ben diversa da presunte soglie di attenzione o di allarme".
"Devo ringraziare il professor Zuccato per la disponibilità e la tempestività con cui ha risposto alla nostra richiesta di chiarimenti - sottolinea il sindaco - Considerata la delicatezza del tema, è stato doveroso da parte dell'amministrazione comunale effettuare una immediata verifica e acquisire informazioni certe che contribuissero a fugare ogni possibile dubbio o preoccupazione da parte dell'opinione pubblica. In ogni caso, nei prossimi giorni chiederò un incontro con l'Azienda Sanitaria Locale, l'Agenzia Regionale per l'Ambiente e l'Astem, che gestisce il servizio idrico in città, per una valutazione congiunta dei risultati della ricerca".
"Lo scopo della ricerca del 2000 - chiarisce il professor Zuccato - era quello di compiere un primo passo per la valutazione del problema "farmaci come inquinanti ambientali", attraverso due azioni: da una parte raccogliere e organizzare le informazioni disponibili in letteratura per dare vita a una banca dati sul tema, dall'altra produrre dati originali, che prima non erano altrimenti disponibili, né in Lombardia né nel resto d'Italia. Si trattava, appunto, di un "progetto pilota", che è servito anche a elaborare, sviluppare e sperimentare metodi analitici specifici. In questo senso, la ricerca ha consentito un avanzamento dei metodi di valutazione del rischio ambientale causato da farmaci, passando dal criterio della stima delle concentrazioni ambientali in base ai consumi di farmaci a quello della rilevazione delle concentrazioni effettive misurate nell'ambiente. E' bene chiarire, infine, che un conto è la contaminazione ambientale da prodotti farmaceutici (che è un fenomeno reale, ma il cui rischio ambientale associato non è definibile in mancanza di dati ecotossicologici), un altro è la valutazione di un conseguente rischio umano, che nella ricerca viene chiaramente definito inverosimile in relazione ai dati rilevati".

(18-03-2009)